Psicologia : l’ora prima della gara
Ormai ci siamo. Se per giungere davanti ai blocchi di partenza ci sono volute diverse ore di aereo oppure si gareggi ad un chilometro da casa, poco importa.
A questo punto, siamo tutti lì, tutti uguali, dobbiamo fare tutti la stessa esperienza, ovviamente ognuno a modo proprio, ma dobbiamo tutti vivere gli ultimi sessanta minuti che ci dividono dalla gara. La maggior parte degli sportivi ritiene che l’ora prima della gara sia molto importante ai fini della prestazione, altri arrivano ad a affermare che, in quei momenti, la gara “è già cominciata”. Osservando gli atleti poco prima del “via”, si nota come essi, talvolta in maniera frenetica altre volte in maniera più pacata, siano alla “ricerca” di “qualcosa”. Il più delle volte si assiste ad un rituale che comprende il modo di entrare nello spogliatoio, di cambiarsi per il riscaldamento, di eseguire nello stesso modo gli stessi atti, di effettuare talvolta gesti scaramantici, di isolarsi dalla realtà che li circonda senza che nessuno se ne accorga. Vi è, dunque, in ogni atleta la tendenza naturale a prepararsi, a predisporsi alla gara. Un’ora prima dell’evento possono essere evidenti sintomi quali ansia, tachicardia, sudorazione alla mani, tremori, rigidità, ecc.. Tutti sintomi che l’atleta desidera allontanare ed, infatti, se presenti mette in atto comportamenti “difensivi” e “distrattivi” come ostentazione di sicurezza, umorismo, autoironia, ecc. Ma cosa “cerca” l’atleta veramente? Egli sa che una buona prestazione nasce da un insieme di fattori: una buona preparazione, lo stato di forma attuale, le condizioni atmosferiche, i materiali, la motivazione, ecc. Sa, soprattutto, che per effettuare grandi prove deve avvenire qualcosa di “magico”. Il suo corpo deve essere perfettamente connesso con la sua mente quasi in un’unica entità con l’ambiente circostante. Sa che questa esperienza è piuttosto rara, ma è altamente gratificante e motivante. Ciò che non tutti gli atleti ancora sanno è che questa particolare connessione tra mente, corpo ed ambiente non si può improvvisare, ma si deve costruire, giorno per giorno, e mettere in pratica un’ora prima della gara. Solo se l’atleta avrà costruito il suo percorso “interiore” verso la gara, potrà trovare sistematicamente l’interruttore che accende la “luce” e che gli aprirà le porta della propria zona di Funzionamento Ottimale (IZOF, Hanin 1989). Tecniche di preparazione mentale quali il self talk, la visualizzazione e l’imagery possono aiutare l’atleta a questo scopo. Ciò che spaventa l’uomo è l’ignoto; quello che deve avvenire in gara è un “già visto” eseguito alla perfezione, sapendo che ogni gara riserva tante sorprese talvolta estremamente positive.
Dr. Salvo Russo
Psichiatra, Psicoterapeuta, Psicologia dello Sport
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